lunedì 2 luglio 2007

Come un guerriero

E' il secondo post che brucio. Spero non ce ne siano molti altri. Il pc che si spegne comincia a diventare un problema. Mah, si riposerà appena vado in vacanza.
Dicevo che oggi è stata una giornata stancante. Sono venti giorni che faccio la vita della studentessa a tempo pieno, e già non ne posso più. Sveglia, colazione, studio, pranzo, nanna, studio, cena, internet. Il riposino pomeridiano è diventata quasi un'abitudine, altrimenti non combino niente per tutto il pomeriggio. Speriamo di riuscire a dormire, stanotte, tranne il fortunoso caso di ieri sono tre settimane che non mi addormento in un orario decente. Vorrei già aver finito la triennale, e dedicarmi alla specialistica che amo, e che mi fa venire gli occhietti a cuore solo a pensarci. Vorrei già aver finito, aver fatto la mia tesi (e se il prof mi dice che non gli va bene la mia idea... lo so, non gli andrà bene... ma sperare è umano, no?!), essere laureata.
Leggere il papiro, come si fa qui a Verona, sperando non sia in dialetto... bere il Valpo, o il Lambrusco, ad ogni errore, e leggere tanto di Max, tanto, tantissimo di Vittorio. Vedere se qualcuno ha il coraggio di contare tutti gli spettacoli che ho visto, o di raccontare alcune lacrime, alcune follie, che ho fatto da adolescente, in ultimo liceo. Sarà splendido. Ed i miei amici saranno lì, i nuovi ed i vecchi, e nell'avere tutta l'attenzione su di me mi sentirò completa, felice, non più divisa nella dicotomica lontananza di Roma e Verona.


Comunque, è stata faticosa anche per altro. Ho scritto, poco, ma ho scritto. E' che è stato parecchio doloroso, così ho preferito fermarmi. Non riuscivo più a distinguere il passato dal presente. E' la cosa che più mi spaventa, in questo percorso. A volte mi sembra che il terrore sia così vicino nella memoria che basterebbe un'attimo per farlo tornare, come se non fosse mai andato via. Passiamo la vita a mentirci, a raccontarci di aver superato i problemi, quando invece non ci abbandonano mai. Li portiamo dentro come macigni, instabili e pronti a catenare valanghe. Truman non è forse l'allegoria di questo? Del passato che non riesce ad andarsene? Eppure parlare di lui non mi ha fatto così male, o almeno il suo era un dolore più diluito di quello di oggi. Non che fosse istantaneo, solo più denso. Ecco, sì, questa è la parola esatta, denso. Spero che il ricordo dell'ultimo evento tragico (si vede che sto studiando Shakespeare?!) non mi faccia lo stesso effetto. Non so se riuscirei, adesso, ad ascoltare anche questo pensiero.
Oggi, passato il momento, tutto è tornato normalmente banale. Posso farcela, a convivere con il ricordo, ma riviverlo è un'altra cosa. Non mi sembra di meritarlo, ecco.
Ma ce la farò, e per il resto pazienza. Come un guerriero, andrò avanti a testa bassa, e non importa se non sconfiggerò il nemico ("...io so che alfine sarò da voi disfatto..."), io avrò combattuto. Fino alla fine ("...non si pugna nella speranza del successo! No, no, meglio è battersi quando è vano! [...] ...ma non monta, io mi batto, io mi batto, io mi batto!!...").


Spooky



 

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