sabato 14 giugno 2008

Riflessioni pomeridiane

Ci sono momenti in cui ci si sente forti come leoni. E ce ne sono altri in cui ci si vorrebbe solo nascondere. Per quel che mi riguarda, penso di muovermi da un opposto all'altro, nel vano tentativo di nascondermi dal leone.
Mi rendo conto di come io non riesca a portare mai realmente a termine le cose che faccio. Le inizio, le immagino finite, le strutturo magari, e poi le lascio lì, a decantare per l'eternità. Vorrei avere la determinazione di finire le cose che inizio. Non parlo di grandi progetti per l'umanità, parlo di piccole cose. Di un'idea che mi metto in testa, e che poi non ho più voglia di proseguire. In un certo senso, parlo di doveri. Il che è un controsenso, se si parla di desideri.
C'è una logica in questo: le cose che sono obbligata a fare, con tempi e modi tutti miei, le faccio. Gli esami, l'università, lo studio, il lavoro. Non voglio realmente farlo, ma so che devo. Per rispetto alla famiglia, per non essere giudicata, per sentirmi fiera di me. Nessuno mi ha mai obbligato realmente, ma io so che è un  dovere comportarmi così. Laurearmi, prendere buoni voti. Essere preparata al tutorato, avere sempre la risposta pronta.
Poi ci sono tutte le altre cose. Ne accennavo ieri a mia cugina: le cose che desidero, le mie passioni, i miei hobbies. Io scrivo: voglio farlo, a volte disperatamente, a volte sotto costrizione della mia volontà. Eppure, appena qualcosa mi prende, mi attanaglia, mi eccita... la scarto. Brucio in un giorno, una settimana, in pochi mesi l'euforia che dovrebbe accompagnarmi passo passo, e la riduco in polvere. So che il lavoro è lì, so che lo sto facendo, a volte sono quasi certa che sia un prodotto degno di nota. Però non ho più voglia di farlo. Non mi va. Sono pigra. Non sforzare la creatività, disse lui quando non mi conosceva ancora. Ora potrei rispondere che sono la serva della creatività, e la regina dell'apatia.
Anche perchè, diciamocelo, scrivere mi costa più fatica di quanto mi appaghi. La gioia di un bel periodo mi sfuma tra le mani, perchè non ha contatto con altri che con me. Anche quando qualcuno legge quello che scrivo, non mi soddisfa. Sono poche persone, sono amici, che mi vogliono bene e mi apprezzano. E non è certo il riscontro di un grande pubblico. D'altro canto, l'essenza della mia scrittura sta nella fatica a far uscire le parole. A volte scorrono come un fiume in piena, a volte gocciolano come il sangue da una ferita, ma la sensazione è la stessa: dolore. Come se nell'uscire rosicchiassero i bordi della mia pelle, mi stappassero lembi di tessuto. Non è bello. E' faticoso.
Ho il ricordo vivissimo di un pezzo che sentivo particolamente mio. Il respiro mi si era contratto, ed affannosamente poche lacrime sporadiche mi rigavano il volto. Qualcosa dentro di me mi disse di fermarmi. Sembrava davvero che qualcuno parlasse. Perchè non ti fermi?... Perchè... perchè questo dolore?
Mi dissi che era necessario. Sul serio, risposi così. E' necessario, se voglio scrivere il mio libro. Il "mio libro", poi, non fu scritto. O sì, magari, non lo so ancora. Quello che è certo è che non credo sia giusto, usare così tanto dolore per una cosa sciocca come la scrittura. E non ditemi che non è vero: ci sono libri magnifici, parole che hanno cambiato la nostra vita... ma restano parole su un pezzo di carta. E non servono a niente, quando la porta si chiude dietro di noi, e c'è la vita da vivere.

Non lo so, oggi mi sentivo in vena di riflessioni.
Un abbraccio, popolo della notte.
Spooky


2 commenti:

  1. Mi vedo portata a credere che alla base di ogni forma di espressione ci sia un dramma.

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  2. Sono d'accordo.

    Quando ci si accosta ad una disciplina artistica credo che ci si senta spinti da una grande sensibilità... e la sensibilità spesso è dolore, sofferenza, sentire le emozioni belle e brutte in modo ingigantito, amplificato.

    Non ho più letto niente di tuo, quindi non so dirti se effettivamente ora il tuo modo di scrivere e ciò che scrivi mi piaccia o meno.

    Quindi mi sento di dirti: quanto è importante questo per te? è il tuo sogno o no? vale la pena seguirlo o no?


    "Fai conto di essere un maratoneta. Stai correndo con i tuoi amici e le tue amiche. A un certo punto capisci di avere una buona gamba, un bel passo, di poter andare più veloce, e allora decidi di seguire questa tua forza. Di convertirti al tuo talento. Dopo un po' che corri, ti accorgi di aver staccato il gruppo. Ti giri, e ti scopri sola. Loro sono indietro, tutti insieme che ridono, e tu sei sola con te stessa. Siccome non riesci a reggere questa solitudine, rallenti finché il gruppo ti raggiunge e, negando il tuo talento, fingi di essere come loro. Rimani nel gruppo. Ma tu non sei così, non sei come loro. Infatti, anche lì in mezzo ti senti comunque sola".

    (Fabio Volo - Un posto nel mondo)


    Scusami per i miei commenti sempre così lunghi!!!

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