domenica 19 ottobre 2008

Fragile

Stasera m'è scivolata addosso un pò di tristezza.
Mi sono messa a guardare Raccontami, con un abbandono che non provo più quasi per nulla ormai. Comunque, mi ha docilmente accompagnata finora, lasciandomi però questa sensazione di incompiuto e di melanconico nella gola. Non sto parlando delle puntate -ed è qualcosa di nuovo per me- ma dell'azione
in sè: un sabato sera passato col mal di gola, la testa forsennatamente vorticante, poca voce, una stanza buia e calda, e la mia persona.
Era da un pò che non mi soffermavo a riflettere su cose come questa.
Sono stata talmente occupata nella lenta osservazione -o espiazione- della mia sofferenza da lasciare in disparte qualsiasi altra emozione, perfino la mia sempre cara solitudine. Stasera avevo un pò di tempo, ed è necessario ed a volte confortante tornare su pensieri già fatti, ricordi già sedimentati, sensi affinati precedentemente.
La solitudine è una cosa che conosco, e quasi non temo più. Come una silenziosa compagna di viaggio, o un'ingombrante parte di me, una valigia pesante ma indispensabile. Tutto il resto... sono barlumi di coscienza lasciati a macerare per anni in acqua e sale, sperando di far perdere loro tutto il sapore amaro.

Non so perchè stasera mi sento così. Forse perchè non riesco ad essere quella che vorrei -crescere, a volte mi sento così incapace di crescere-, forse perchè non riesco a spostarmi dalla mia ottica, da una prospettiva unicamente mia. Non sto parlando di qualcosa di necessariamente negativo, badate. Non mi sento abbastanza triste da scriverne. Solo un pò malinconica. Come un'abitudine, una quotidiana rassegnazione a ciò che sono, a ciò che è più propriamente consono alla mia persona.
Consono. A fine agosto usai questo termine, per... descrivere una situazione. Dissi -più o meno- così "Torno allo stato che più mi è consono. Una Valeria fidanzata, diciamolo, era quasi un controsenso". Drama queen! direbbe Greg... ed avrebbe ragione. Cinica e sarcastica quel tanto che basta per essere presa come povera vittima di una società che la opprime. Ahahah!! Bella questa defizione, quasi quasi me la segno, che non si sa mai.
Comunque in un certo senso conserva un barlume di verità, quella frase. Mi trovo molto bene nella mia condizione. Non so maneggiare la felicità inconsulta delle relazioni, per quanto -come tutti- mi trovi molto a mio agio nel viverla. E' la sua consistenza a mettermi in soggezione, la sua presenza, la tua verità ontologica, ed in una certa misura... la sua estraneità da me. L'essere altro da me. Dover convivere con un altro qualcosa al di fuori della mia isteria vittimistica.

Wow, stasera sono proprio in vena di paroloni. O di autocommiserazione. O di entrambe le cose... o di scuse. Perchè mi mancano un sacco di cose, e alla fine, in un modo distorto ma banale, mi manca anche Truman. Con l'età ho imparato ad allontanare gli incubi che non mi facevano dormire, relegandoli al rango di paranoie o disturbi in sottofondo, ma ora non dormo lo stesso, che c'è troppo, troppo silenzio.
E non importa che la stanza non sia fredda, ma calda, caldissima... la gola brucia, le dita ringraziano invece di gelare... ma non è cambiato nient'altro.

Cavolo, ed io che ho detto di non essere triste!
Però, si vede che funziona, almeno per un pò, illudersi!
Spooky

2 commenti:

  1. Non so maneggiare la felicità inconsulta delle relazioni, per quanto -come tutti- mi trovi molto a mio agio nel viverla.


    Anche io non ne sono capace. Tendo ad avere tutto sempre sotto controllo, ma poi quando si parla di relazioni, se ho tutto nelle mie mani, faccio casini. Forse abbiamo bisongo di qualcuno che ci diriga e ci aiuti...

    RispondiElimina
  2. comunque ho aggiunto alcune paranoie sul mio blog! e adorerei che qualcuno mi persuadesse del contrario!!!:)!

    RispondiElimina