mercoledì 27 febbraio 2008

Intermezzo

Marco tamburellava nervoso sul cruscotto della macchina, impaziente. Che si fossero visti da un'ora, o non si vedessero da settimane, la sensazione era la stessa: attesa, batticuore, agitazione. E poi, anche senza inquadrare il portone che veniva aperto, capire solo dall'espressione del suo viso che Eva era arrivata. Gli occhi dilatati e lucidi, il sorriso che quasi si apriva da solo sul viso scuro, le mani già a cercarla. Vederla salire in machina, così bella, sentire la portiera chiudersi, e sfiorarle piano le labbra, come una cosa normale e riccorrente, come un'abitudine dimenticata, che gli lasciava sempre un sapore di novità sul palato. Ingranare la prima, poi la seconda, e spostare la mano sulla coscia di lei, che non si può stare distanti, neanche un attimo, che sarebbe un'ingiustizia, un'incomprensione cosmica, che non si deve, che non si può. Giocare all'amore, e con l'amore difendersi, fino al prossimo giro d'orologio, fino al prossimo battito di ciglia, che sarà uno in meno all'ultimo, fino ad un nuovo arrivederci, ad un solitario ciao, ad un bacio, sempre, sempre l'ultimo, fino alla fine, un sospiro, un bacio, un sospiro, gli occhi chiusi, un bacio, ciao, amore, ciao.


Già.
Scriverò più tardi.
Spooky


 

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