venerdì 22 febbraio 2008

Convalescenze

Sono due giorni (da quando cioè sono in grado di pensare a qualcosa che non sia il mio mal di gola o la stanchezza senza fine) che alcune domande sciocche -tuttavia non prive di fondamento- mi passano per la testa.
La prima delle quali è: mi sono mai trasferita a Verona? C'è stato un periodo della mia vita in cui ho vissuto lì?
Se ci penso, non so bene cosa rispondermi. Ho l'impressione di aver vissuto un sogno, e che il sogno sia sfumato. Come quando scrivevo, nel mio vecchio blog di msn, che sarei voluta andar via, sapendo benissimo l'illusione e la non fattibilità di quella idea. Invece le cose sono andate diversamente. Cioè, mi pare che a Verona, in un tempo remoto, io ci sia andata. Mi sembra anche di essere stata soddisfatta della mia scelta. Poi?... Già, che è successo, poi?...


Ve lo dico io. E sarebbe bello rispondere "poi è arrivato l'amore ed è cambiato tutto", ma in realtà non è così. Poi ci sono stati dei problemi. Dei ragazzi, identificando, delle incertezze, delle paure.
Ok, parliamone, visto che vi lamentate sempre del fatto che non si capisce di cosa scrivo.
C'è stata la fine di una storia importante, di un percorso di crescita, di un'avventura e di un'amicizia. Insomma, una cosa seria, che mi ha turbata più di quanto ho voluto far vedere, e più di quanto io mi sia resa conto. E non me ne sono resa conto perchè c'era già altro, nel mentre. Altro che era un'altra persona, altro che era Truman mascherato da chissà chi. E visto che tale chissà chi non riusciva neanche a rendersi conto di come lo guardavo... pazienza, le cose sono andate come sono andate.
Ovvero, traducendo: mi sono gettata in pasto ai cani. Così, per vedere se ne ero in grado. Per sentirmi mordere e sbranare, per sentire qualcosa sulla pelle, fossero anche cicatrici e dolore. C'è ststa la mia estate folle, le risate, una notte a Madrid di cui non conservo quasi ricordi, c'è stato troppo alcool, serate finite sul pandino di Camilla che mi riporta a casa mentre sonnecchio in una post-semi-ubriacatura. Non sono stata molto bene, e nel fingere di star peggio mi sono allontanata da chiunque potesse tendermi una mano. E non perchè non volessi una mano, intendiamoci. E' sempre per quella folle idea che se una persona mi è davvero vicina dovrebbe non tendermi la mano, ma inabissarsi con me, sprofondare, e poi, eventualmente, se c'è tempo, risalire.


C'è stata Roma. Avete presente la capitale? C'è stato un mattino soleggiato a San Giovanni, dove anche le macchine, e lo smog, e tutto ciò che odio della mia città mi è apparso tenero, sicuro, protettivo. Mi è mancata Roma, e mi sono pentita di averlo pensato. Ne sono stata spaventata. E da lì... ci sono state un pò di cose che non sono andate bene, ancora, un pò per la mia noia, la mia debolezza, un pò per l'apatia che m'è salita addosso.
E... sì, poi c'è stato Riccardo. Ma prima, a tentare di salvarmi, c'è stata Roma.
Ora sono in convascenza, e fra poco ci sarà da tornare in pista. Ci sarà il nuovo viaggio verso casa -perchè non sarà un ritorno, ma una cosa nuova, ancora una volta difficile ed inaspettata, perchè se prima niente mi legava alla stanza, adesso poche sono le cose che me ne allontanano-.
Con un sorriso amaro rifletto sull'ironia del destino, sulla rista di Truman. Sognante che è  Roma, e Spooky che è Verona. Ed ora le parti invertite, con Valeria nel mezzo che sembra trascinata e sballottata, priva delle capacità per capire.


Perchè c'è -ci deve essere- un giusto ed uno sbagliato, ma non so riconoscerlo. Non so dare consigli, e non voglio darne, non ho energie da vendere nè soldi per comprarne, e mi dedico costantemente alla cura di me (avrò cura di te... perchè sei un'essere speciale...). Pur non essendone fiera... almeno amemtto i miei limiti, ora come ora.


Azz, intervento lungo.
Vado.
Spooky


PS: non lo so, mi è solo venuta in mente. #2x12 - Distractions - "You don't need to talk to do that, do you?"


 

1 commento:

  1. Non sempre c'è un giusto e uno sbagliato.

    La nouance, pas la couleur.

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