venerdì 18 gennaio 2008

Sconfitte

Oggi, potremmo dire, è stato il giorno della sconfitta. Non di quando capisci che la battaglia è persa, ma di quando ti rendi conto che è la guerra, che non hai vinto. Che puoi provarci lo stesso, puoi mostrare il fondoschiena al nemico e prenderti gioco di lui, ma non sarai tu, a portare i vessili del trionfatore. Non lo dico con tristezza, o con malinconia: succede. La vita è tutta così: sfide, costanti, una dietro l'altra, e vincerle tutte è impossibile. Si sceglie quali combattere, ed in base a quelle per quali lottare con più forza. In base a quelle, addirittura scegliamo quali decidere di perdere.

Così oggi ho preso in considerazione, da lontano, la possiblità di perdere la mia laurea a marzo. Di scivolare di un paio di mesi, fino a giugno. Mi si apre una ferita d'orgoglio, profonda, nel petto. Sento urlare mia madre -e non mia madre vera, ma quella parte di me che è lei- e dirmi che ho fallito, che ho perso, e che è stata colpa mia. Sento rinfacciarmi ottobre, novembre. Sento come una scappatoia comoda il mio dicembre pieno. Sento te, che ti giudichi colpevole di una cosa di cui ho colpa solo io.
Ma l'idea di avere del tempo, per fare una tesi decente, per non uccidermi, per andare con calma e rilassare i muscoli, solo un pò, mi fa così bene all'anima (o Anima, mi pare si scrivesse così...) che quasi non mi interessa. L'orgoglio aspetterà, o urlerà da solo.

Priorità. Anche questo è un grande problema. Quali sono le priorità, a 22 anni? L'università. Si dice così, almeno. Le amicizie. Anche quelle contano, indubbiamente. Le relazioni, di qualsiasi tipo. Mia madre -quella vera- direbbe che sono cose "buone da ridere" (come cita il libro che sto studiando), sciocchezze di un'immatura che non vuole crescere, che non vuole assumersi responsabilità. Ok, allora, l'unica priorità è laurearmi. Per poter dire poi a mio fratello "ce l'ho fatta prima di te"?... o per sentire mia madre -sempre quella vera- che mi rinfaccia di aver preso un voto più basso del suo?... Forse sì, rimandare dilaziona la responsabilità. Forse faccio male. E allora perchè mi sento così in pace solo all'idea?...
Quando... quando quest'estate, in un giorno caldo, ho fatto un'idiozia, sono stata subito certa del senso di colpa estremo che avrei provato a fine giornata. In realtà, a fine giornata, mi sono sentita bene. Come a dire "le idiozie fanno parte della vita. Ne hai fatta una, perchè ne avevi bisogno. Pazienza. Anche nell'accorgersi di queste cose sta la maturità che cercava la tua anima tardoadolescenziale."
...e se fosse tutto un palliativo, una scusa?...
Pazienza. A me sta bene così. A te, a noi, agli altri... sta bene?...

Poi ho fatto un discorso serio, con Sognante. Ho fatto un discorso che sapeva di persone che sanno, scusate il gioco di parole. Di persone grandi, o che comunque fingono di esserlo, perchè, quando il calendario ti ricorda che hai ventidue anni -ventidueanni- se non sei grande, devi fingere di esserlo. Che a 22 anni, Morandi aveva già scritto "Fatti mandare dalla mamma", e Vittorio "Casablanca". Petrarca era già un genio, e Leopardi il mentore di tutta  una poetica. E tu?... Ed io, e noi?
Appunto. Così, abbiamo parlato di come parlare. Penso di dover ringraziare me stessa di quel che sono. Anche delle mie paranoie, in alcuni casi. Del gelo, dell'ansia. Perchè tutto questo mi spinge a parlare. Ed ho scoperto che parlare non è la cosa semplice che si ritiene essere. Prendete questo blog: la metà (ok, i tre quarti) dei post sono incomprensibili. Potrei scriverli meglio. Potrei essere chiara, magari senza metafore, senza inutili ghirigori linguistici (la sentite la falsità della parola "ghirigoro" nell'economia del lessico quotidiano?...). Non lo faccio, perchè significherebbe scoprirmi. Potrei dire che l'idiozia di cui parlavo sopra, è stata un pomeriggio mal speso in compagnia di un ragazzo al quale non ero interessata. Ma perderei un pò di dignità, ai vostri occhi. Sarei sempre Spooky, ma con un pò di corazza in meno. Forse per qualcuno -addirittura!- scenderei qualche gradino nella sua scala morale. E non è una cosa bella da dire, comunque.

Al di là del blog, delle cose che ometto per pudore o per vigliaccheria, alla fine, mi ritengo un essere parlante. Con tutti i suoi difetti, con le conseguenze di essere come sono, di dire senza remore, fino alla cattiveria, per non essere poi accusata di bugie (che è già successo, essere accusata della menzogna, che avevi mentito, e ti ha fatto male, ed ha fatto male ad altri, ed hai giurato che mai più, a costo di fare ancora più male, ma mai più, mai, mai.... e voi non lo sapete, di cosa sto parlando, perchè non ne ho parlato, perchè non se ne può parlare, perchè scnederei, ancora nella scala della vostra -e della loro- moralità).
Questa, per dirla come la intendo io, è una mancanza di scelta. Il "dire tutto" per evitare un giudizio negativo, che può sempre esserci, ma che almeno è mitigato dal fatto che sono stata sincera. Della serie: "accusami di tutto, ma io ti ho detto la verità". Una delle mie tante mancanze di scelta, in fondo. Scegliere è sbagliare. E' mettersi in gioco, è rischiare di cadere. Io e Riccardo (e nel dirlo, nell'ammettere i nostri nomi, mi vergogno quasi di me, che questo è parlare, e mi sto sforzando, ma non vorrei farlo, che fa male, famale) abbiamo scelto di stare insieme. Lo abbiamo scelto? O ci è caduto addosso? Un pò è caduto addosso a me, e ho dovuto analizzare i macigni per non esserne schiacciata. Così come adesso, insieme, analizziamo le parole, i ricordi, e ci spaventiamo dei risultati, perchè non tutto sempre si riconduce ad esperienze che abbiamo già vissuto. Ed il nuovo spaventa.

Non so bene il senso di questo post. Mi sembra di aver ammasssato tanti discorsi diversi, mi sembra di averli urlati senza cognizione di causa, solo sulla scia di una bella discussione a cui non avete partecipato. Ma è stata bella, ecco, e volevo mettervene un pò al corrente. Mi sono ripromessa, con l'anno nuovo, di parlare di più. Di parlare meglio, almeno sul mio blog. Di tentare di essere più chiara, contro ogni implicazione morale. Forse ne guadagnerò in senso pratico. Che tradotto, sarebbe "forse sapendo di dover scrivere di me, sarò meno portata a fare idiozie". Non ci credo, nè al fatto che farò meno idiozie, nè che ve le verrò a raccontare. Ma i buoni propositi, ad inizio anno, non mi dispiacciono.

Grazie per aver letto fin qui. Penso di dover ringraziare per ogni singola volta che arrivate in fondo ad un mio post. Perchè sono allucinati ed allucinogeni, come Vicodin mal tagliato, come Ossicodone (#3x12, mi pare, ma non ci giurerei. Ed ovviamente, #3x23, anche se la serie non era la stessa), come le mie dipendenze narcotiche da tutto ciò che non è reale solo per essere certa di non doverci fare molto i conti, con la vita vera. Ma questa è un'altra storia, ed adesso non mi va di parlarne. E poi, come la penso sulle mie dipendenze, lo sapete tutti. Ed anche se... le cose, ora come ora, mi sussurrano una soluzione diversa da quella del mio logo (Vicodin is the only really good drug), il fatto che il mio cinismo si sia andato a fare una vacanza (complice la vacanza -allitterazione- fin qui di un romano dai modi dolci) non significa che io non sia più io.
All'amore ho sempre creduto, sapete anche questo. Solo che non avevo molta voglia di parlarne, visto quanto non mi appartiene. Apparteneva. A volte è bello, usare l'imperfetto non solo per ragioni puramente stilistiche.

Un bacio a tutti,
Spooky







1 commento:

  1. In fondo sono arrivata.... pst...e io che parlo di voglia di studiare nella bidonovela... e fatto con affetto per voi che studiate...


    quando finisco l'affetto passo all'affettatrice, il passato di negoziante me lo permette!



    Ah... dici che te ringrazi chi legge i tuoi post fino in fondo e io che dovrei fare a chi si sorbisce i miei commenti?

    Un monumento?


    Minimo!


    Buon fine settimana,e:


    meglio avere rimorsi che rimpianti!


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