mercoledì 7 marzo 2007

Pensieri in arretrato

È tardi ma non ho molta voglia di andare a nanna. Se le cose fossero diverse, queste due parole sarebbero sul blog “in diretta”… ma visto che, al solito, internet sembra un miraggio da avanguardia tecnologica nel nostro palazzo… niente, mi accontento e scrivo a casa, per poi postare domani dall’università. Pensavo che mi spiace non tenere più un diario, come quelli che ho scritto negli ultimi due anni di liceo. Non erano proprio diari, erano quaderni… e la cosa non era piacevole, se proprio vogliamo dirlo, visto che cani e porci li leggevano (ovviamente non tutti con il mio consenso…) e arrivavano a sapere cose di me che avrei preferito rimanessero personali.
Ma mentre finito il primo “l’iniziatrice” di questo rituale me ne ha regalato un altro, quando la vita ci ha allontanate ed è terminato il secondo, non ho più scritto… forse per la pigrizia di comprarne un altro, ma più probabilmente perché non ne sentivo l’esigenza. Era tutto molto bello allora. Stava andando tutto per il meglio. Continuo su quella strada anche adesso, ma mi spiace non avere più questo resoconto quasi quotidiano (a volte orario: ho frasi scritte anche a pochi minuti di distanza!) di ciò che mi accadeva nella mente e nel cuore.
Colgo quindi l’occasione per ringraziare colei che, senza volerlo, ha iniziato questa bella tradizione, anche se durata poco… le cose buone che ci sono state tra noi restano. E forse sono quelle che ricorderemo con nostalgia, ripetendole ai nostri nipoti.
Per il resto? Sapete, arrivo qui e dico “devo parlare di Vittorio”. Altrimenti mi sembra di scoppiare, o di impazzire. Poi penso che non posso, che non voglio, che mettere in piazza le emozioni è da villani, e spesso da presuntuosi. Una volta mi capitava di farlo senza neanche pensarci, con il solo gusto di far contenti gli altri della mia gioia, come di essere contenta io della loro a caso inverso. Era bello. Anche se realmente non sono quasi mai stata felice del tutto nel sapere dei mille incontri, delle pizzate, delle “tosche” (era il tempo di Tosca, quello lì!) che gli altri vedevano mentre io ero a casa, anche se restava sempre in fondo al cuore quel sentimento cattivo, ma profondamente umano, che è l’invidia. Solo di una persona non sono mai riuscita ad essere gelosa… mai mai mai… gioivo solo, ed ho sempre solo gioito… almeno fino ad un certo punto. Ma questa è tutta un’altra storia, e non mi pare il caso di raccontarla ora.
Ecco, poi si cresce. E per non fare la parte di quella presuntuosa, di quella che sa, di quella privilegiata, mi ricaccio in gola le mie emozioni, i miei successi. Ma di che parliamo, poi? …di illusioni. Io vivo di illusioni. A chi Vittorio non ha mai detto due parole? Con chi non si è dimostrato affabile, gentile, disponibile? Eppure a me sembra sempre un miracolo, vederlo avvicinarsi, e sapere che non sta salutando qualcun altro, ma me. Che non sta sorridendo a qualcun altro, ma a me. Mi stupiva tre anni fa, e continua a stupirmi adesso… come un film di cui conosci il finale, ma che torna sempre inedito, ad ogni visione.
Così, forse per non lasciarmi sfuggire il finale, mi censuro le mani e spengo i riflettori, che mi pare ne abbia puntati fin troppi addosso. Eppure guardatemi… sono qui e ne parlo. Faccio sempre quello che non dico, alla fine, eh? Chi mi conosce lo sa. Sono complicata!

Mi guardo intorno. La mia piccolissima stanza calda ha il colore del tramonto, con la sua artificiale luce al neon che mi ferisce gli occhi e mi stringe il viso con delle rughe non mie.
Sognante ieri in treno ha detto una cosa bellissima. Leggeva i miei diari, quelli del liceo… e d’un tratto, così, come se parlasse di una maglietta da comprare, o di cosa cucinare per cena, ha detto “perché non li pubblichi, Vale?”.
L’ho guardata con gli occhi strani, mentre lo sguardo si catapultava intorno, quasi a nascondere le parole uscite dalla sua bocca alle orecchie indiscrete degli altri passeggeri. È una cosa stupida, in effetti. La mia risposta, di allora come di stasera, è “con quale presunzione posso ritenere interessanti le mie ore annoiate del liceo?!”. Ma il fatto che mi abbia detto questa cosa mi ha riempito di orgoglio, quasi di speranza. L’altro giorno a Roma sono ricaduta nell’incresciosa follia di andare a cercare il mio folletto Max. E l’ho trovato, come al solito. Scrive. Recita. Pubblica. Mi sono sentita così piccola, così inutile… che voglio fare io, da grande?! Sono già grande, e non sto facendo proprio niente. Studio, arranco, e sogno. Ma di sogni non è mai vissuto nessuno. E forse è ora di cominciare a parlare di cose serie.
Invece ieri… m’è tornata un po’ di speranza, ecco. E magari coi sogni non si vive, ma ci si illude benissimo di farlo…

Vado a nanna ora, è molto tardi.
E domani (che poi sarà oggi quando voi leggerete) ho da svegliarmi presto, che la mia prof deve farmi la ramanzina.
Un bacio,
Spooky

PS: …volevo dire qualcosa di intelligente a Kid, ma non mi è venuto in mente niente di sensato. Forse solo che tutti sbagliamo. E che chi è senza peccato, scagli la prima pietra. La mia mi sta scivolando via dalla mano in questo momento.

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