mercoledì 24 agosto 2011

Riflessioni di un caldo pomeriggio d'agosto

Stamattina ho cercato di studiare, ma con pochissimi risultati. Fa un caldo straordinario, ed io non ho altro stimolo che quello di continuare a scrivere freneticamente sul mio pc, o di guardare la tv.
Mi manca l'università. Mi mancano i tempi in cui la noia era l'intervallo tra un abisso di studio e l'altro, e dove lo studio era... finalizzato, concreto, reale. Dove sapevo cosa mi veniva richiesto. Ero brava. Al liceo non sono mai stata un genio, ho fatto sempre tutto al mio massimo, e questo mi ha permesso di vivere serena. Ma l'università era il mio mondo. Anche se ero decisamente fuori dagli schermi classici dell'universitario, mi sono sempre trovata bene tra lezioni e studio.
Anche se non ero quella che studiava otto mesi prima per un esame, anche se ero quella della preparazione all'ultimo millisecondo, a parte rarissimi casi ho sempre dato il meglio che potevo. Ho sempre studiato con la voracità di sapere e di capire, di dimostrare.
Eppure, questa prova di ammissione al dottorato mi sembra un compito superiore alle mie forze. Non so cosa si suppone che io dovrei sapere. Non so come prepararmi. Ho scritto al coordinatore di uno dei dottorati per cui ho fatto domanda. Quello che mi interesserebbe di più. Beh, mi ha detto "si verificheranno le sue conoscenze pregresse". Conoscenze pregresse? Cioè? Quando è nato Dante, la teoria del piacere di d'Annunzio? O come si fa uno stemma codicum, gli errori dei testimoni, le edizioni critiche di Petrarca? Cosa si suppone che io sappia?
Il tutto, diciamolo, mi spaventa non poco.

Anche perchè, dall'altra parte, c'è sempre il doppiaggio. Ho scelto il dottorato per questo, in realtà: se entro, mollo tutto il resto. Chiederò addirittura a mia madre di restare fuori della mia vita lavorativa. Voglio fare doppiaggio. Allora perchè non mi impegno neanche lì? Perchè non faccio gli esercizi, perchè non mi informo sulle società di Roma?
Me lo chiedo, e so rispondermi solo con la consapevolezza che ho paura. Paura, come sempre, di tentare e fallire. Anche se davvero, davvero questa sento possa essere la mia strada.

E' che mi sembra un gioco.
Citando: "Allora, che mestiere fai?"
"L'attore."
"No, dico, per vivere, che mestiere fai davvero?"

Già. Qualcosa del genere. Eppure... dove si compra il coraggio? La forza per credere ad un obiettivo, crederci davvero? Mi hanno detto che è "solo" questo che ci vuole per diventare doppiatori. Ed è questa la cosa che mi manca.
Vorrei che qualcuno mi dicesse che devo fare da grande. Ehi, Capitan Harkness, cosa c'è nel mio futuro?...

Spooky




2 commenti:

  1. Per il dottorato è così, non c'è niente da fare. Io non ho mai studiato tanto come nel periodo di preparazione a quell'esame. Mattoni su mattoni, ore e ore di ripassi, senza sapere su cosa verterà, se rimarranno sul generale o faranno una domanda specifica...e quale.
    Appena esce la commissione dai un'occhiata: potrebbe (potrebbe!) esserti utile vedre il background e l'argomento principale di ricerca dei docenti. Comunque, dopo tutto questo sforzo c'è una bella soddisfazione...io alla fine avevo una preparazione fantastica!!!

    Laura

    RispondiElimina
  2. Come ti capisco Vale! Sono nella tua stessa situazione: tante idee, tanti sogni, e tanta paura di fallire. E allora che facciamo, siccome abbiamo paura di cadere, non muoviamo nemmeno un passo? Se resti ferma, quando la vedi l'America? (A proposito... poi mi racconti bene, eh!)
    :)
    Bacioni

    Juliet

    RispondiElimina