mercoledì 9 marzo 2011

Un po' di rabbia, un po' di tensione

Insomma, forse è davvero così che funziona il lavoro.
Ma se è così, io penso che non lo farò mai bene. Mai come dovrei. Eh già, perchè non riesco proprio a ritrovarmi in questa logica.

Insomma, oggi pago delle fatture (pago... non è vero, inserisco nel sistema che le fatture di acquisto sono state pagate, così, sulla parola del mio datore di lavoro). Inizio a lavorare alle 10 (dovrei arrivare alle 9:30, ma ho fatto tardi, in più il capo non ha sentito il citofono, e quindi sono rimasta altri dieci minuti di fuori), e alle 11,20, esattamente 20 minuti dopo che il capo è uscito per andare da un cliente, ho finito quel che devo. Morale della favola: non so più che fare. In senso letterale: non ho altri compiti, non ho altre mansioni, tranne quella di rispondere al telefono, quando suona, e stamattina decide di squillare solo per emettere un "beep" non meglio identificato. Allora mi metto a girare un pò per i fatti miei su internet. Passa un'ora, ma far passare la seconda è dura, anche perchè la rete non funziona praticamente più, caricare le pagine sembra un'impresa, chi lo sa che aveva. Comunque sono le 12:38, alle 13 stacco, sono contenta come una Pasqua... squilla il telefono. Una cliente ha un problema con le fatture, e visto che le sto facendo, penso sia giusto provare a darle una mano, anche se non ho alcuna competenza per farlo. Non riesco, e visto che le serve entro domani le assicuro che sarà richiamata il giorno dopo, visto che nel pomeriggio non c'è. Bene. Scrivo una mail al capo, visto che domani non sono in ufficio, spiegandogli il problema, e mi metto il cuore in pace.
Alle 12:49 il capo torna. Prima di alzarmi ed andar via, gli racconto il problema, e lui si arrabbia con me perchè non sono stata in grado di risolverlo. Gli chiedo cosa avrei dovuto fare, gli faccio vedere nello specifico dove le cose non vanno, gli domando come risolvere, e lui, testuale "non lo so, non conosco questo programma". Mi verrebbe da rispondergli "ed allora dovrei conoscerlo io?!" ma taccio. Mi dice perchè non mi sono fatta spiegare il problema in remoto, cosa che non mi aveva mai detto esistere, e poi mi impone di richiamare la cliente e "risolvere il problema". Se non fosse che la cliente è fuori ufficio e non si sa quando tornerà... morale? Domani, che dovevo andare in casa editrice, tornerò lì a "risolvere" non so cosa, visto che NON HO IDEA di come risolvere un problema su un programma che non conosco.

Sono arrabbiata. Arrabbiata dal fatto di non sapere, arrabbiata che si pretenda che io sappia, arrabbiata di fare un lavoro che non so fare ed in cui non so che fare, arrabbiata di non sapere come arrivare a fine mattinata, ed arrabbiata del fatto che comunque mi si imponga di farlo "lavorando", anche se lavoro non ce n'è per me. Lui mi ha assunta, se non sa cosa farmi fare è un SUO problema, non mio! Non mi sono messa in ginocchio a pregare, non l'ho implorato, e per quanto mi paga (tra parentesi a fine giugno, mica ora) potrei anche restare a casa.

Se ognuno di noi... se ognuno fosse pagato per fare quello che sa fare, e non per quello per cui non è portato o che nessuno gli ha insegnato a fare... allora le cose andrebbero meglio, molto meglio in quest'Italia di raccomandati ed imbecilli.
Non amo fare brutta figura, non amo non sapere, non amo far pensare agli altri di esser stupida. Ma ci sono cose, tante cose che non so... e se nessuno me le insegna, nè mi dà un libro su cui studiarle, di certo non mi arrivano per volontà divina.

Non è servito a niente sfogarmi, ma almeno ho scritto un pò... perchè sì, questo lo so fare, ma ahimè, a chi importa che io sappia scrivere? No, l'importante è che io faccia la partita doppia, che però nessuno mi spiega, perchè, come diceva Socrate, le consocenze sono già dentro di me! Ma vaff!!

Spooky



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