Manco a dirlo, nella mia stanza fa troppo freddo, ed è un freddo reale, è passato alle ossa uscendo per forza dal cuore. Mio padre dorme sul mio letto, mamma abbassa le persiane, e le prospettive per la serata prevedono una sedia in cucina, Sophia Loren in tv, ed i miei ai lati opposti del tavolo cui sono appoggiata anch'io.
Strano -ma anche no- come in questa mia scesa a Roma io non abbia programmato quasi nulla: quando sono a Roma di norma mi impiego tutte le sere che posso, mi organizzo, programmo, ed anzi spesso faccio fatica a ritagliarmi il tempo di stare un pò in casa. Questa volta ho fatto tutto il contrario. Tranne una cena, che era solo stata "rimandata" dalla mia ultima venuta qui, non ho preso neanche un impegno. E non ho intenzione di prenderne: stare a casa mi piace.
Probabilmente sento di aver bisogno di calore, di affetto, e di... sicurezza? Probabilmente è il termine che più si avvicina a quello che provo. Conforto familiare. Persone che mi amano e mi ameranno comunque, qualsiasi cosa io faccia, a cui non devo dimostrare nulla, e che nulla pretendono da me. Persone che mi danno affetto, un affetto vero, tangibile, fatto di abbracci, di parole, di mani calde e di sorrisi, senza bisogno di una scusa, persone che non conoscono le mie lacrime, è vero -mai le hanno conosciute- ma che sanno, in un modo tipicamente loro, tutto quello che di importante c'è da sapere di me. Che non conoscendomi, mi conoscono.
Il tutto è molto rassicurante, diciamocelo. Mi da fiducia. In un periodo in cui non ne ho, in cui mi sento scivolare via il tempo dalle mani -ed oggi, nel parlarne con Blue, ho sentito la mia voce tremare, e me ne sono spaventata, e sarei voluta scappare ancora più lontano, via, via da tutto, da tutti- probabilmente l'affetto dei miei cari è un rimedio omeopatico ma efficace. Più un placebo che altro, ma confortante.
Ho bisogno di persone che mi amino, perchè sto smettendo -di nuovo- di farlo io. Ed avrei bisogno di... fiducia, fiducia e legami stabili, che mi diano consapevolezza che la mia persona è qualcosa, non un ammasso di niente tenuto insieme dall'abitudine. Ed è difficile. Qui a casa, almeno, sento di esserci. A Verona... ovunque, in realtà, anche qui, a Roma, fuori, ecco, fuori mi sembra di essere inghiottita dall'invisibilità: una sensazione totale e paralizzante, che mi fiacca lo spirito ed il corpo.
Io non sono niente. Non mi sento niente. Non importa che io lo sia effettivamente o meno: io non mi sento niente. Quando papà mi abbraccia, almeno, so di avere una mia consistenza. So che mio padre sta abbracciando qualcuno, o quantomento qualcosa. Questo mi permette di non impazzire.
Perchè, diciamocelo, non mi resta che quello.
Resistere, resistere, resistere... tutto quello che devo fare, è continuare a resistere...
Spooky
ti aspetto, eh. Ti sto aspettando.
RispondiEliminaEhi non lasciarmi aspettare.
ohi, aspetto eh.
m
Mercoledì notte prendo i biglietti per Bari. 15-18, come la guerra. Al mio segnale, scatenate l'infernoooooo!!! :P
RispondiElimina
RispondiEliminaal mio segnale... PRENDETE LE MINIGONNEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE
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(un roderigo in gonna non s'era mai visto)
RispondiEliminaPrendete nel senso che ce le sfilano? No, è solo per sapere, così mi metto la biancheria più bella...
quella è d'obbligo.
RispondiEliminaE che cavolo, mi cadi sull'intimo!? Poppante!!!