giovedì 12 giugno 2008

Sogno n. 4

Non aveva idea di come fosse arrivata lì. Le sembrava quasi di esserci sempre stata...
Forse era venuta in autobus. Magari... magari in macchina. Sì, probabilmente. E probabilmente aveva bevuto, per non ricordare come fosse finita da quelle parti. Che poi... da quelle parti... dove?
Era seduta su un divano, con le ginocchia ripiegate e cinte dalle braccia. Sapeva di non essere in pericolo, sapeva che la situazione le era alquanto familiare. Un brusio indistinto circolava lieve attorno a lei, menter i jeans stretti le comprimevano la pancia, costringendola a respiri brevi e veloci.
Si guardò distrattamente intorno, sperando di riconoscere qualcosa. Il divano su cui era accocolata era rosso, in pelle, molto bello. Si sarebbe potuto dire stonasse, visto che di certo si trovavano all'aperto, invece era magnifico. Un piccolo gazebo elegante si ergeva attorno a loro, adornato con graziosi nastri e perline sparse ovunque. Forse erano nella sala esterna di un pub, o di una discoteca costosa. C'era un tavolo basso davanti a lei, stracolmo di bicchieri: alcuni vuoti, ma la maggioranza riempiti per metà di liquido rosso.
Non erano in un pub. Marlene non avrebbe mai bevuto vino in un pub. Non che non le piacesse, ma preferiva la birra, o i long drink, quando era con amici.
C'era solo un posto in cui avrebbe bevuto vino, e ne avrebbe bevuto di rosso.
A casa sua.
Improvvisamente, come se i suoi sensi si fossero appena allineati con la realtà, riconobbe la casa di Antonio. Come aveva fatto a chiedersi dove fosse? Probabilmente era notte fonda, e lei aveva bevuto decisamente più di quanto doveva. Eppure non le girava la testa, non si sentiva ubrica, ed il bicchiere che ricordò come suo era ancora quasi del tutto pieno.
Piano piano -o più probabilmente in una frazione di secondo che le si era diltata per anni nei pensieri- prese coscienza di chi aveva vicino. Alla sua destra, sulla prosecuzione del divano ad L su cui sedeva, si trovava Anna, che chiacchierava amabilmente di qualcosa che Marlene non riusciva ancora ad afferrare. Sulla sinistra, aveva un amico, o un'amica... non le era chiaro, e non sentiva importante voltarsi per scoprirlo. Accanto ad Anna, uno dei suoi conoscenti più fidati, Massimo.
Di che si parlava?
Faceva leggermente freddo, e la ragazza aveva una camiciola a fiori grossi e variopinti, quasi del tutto trasparente, a maniche corte. Si passò la mano sinistra sul freddo braccio destro, restando incantata a fissare una piega del divano sotto il peso di Anna. Cercò di focalizzare la sua attenzione.
"...no, ma dai, non ci credo..."
"...sì, giuro! Non ci credi, ma è successo!"
Il primo a parlare era stato Massimo. Conosceva anche la seconda voce, però. Era quella di Antonio. Squillante, eppure bruna, con una sorta di vaga presa in giro nel tono, o nel modo.
"...no, davvero, io non ci riuscirei. Cioè, ok, ma una donna che va con una donna... no, non ce la farei, a starci insieme!"
"Sempre ingenuo... non parlavo mica di starci insieme..."
"Inutile, non cambi mai!"
"Che vuoi?... Ognuno ha i suoi vizi... ed ognuno si diverte come può... e poi, provare per credere, amico..."
Poi era successa una cosa strana. Mentre in un attimo Marlene ripercorreva un'altra serata, un altro divano, un altro momento ed un'altra vita, capì che, seduto un posto più in là alla sua sinistra, c'era Antonio. Lo capì perchè scavalcò l'ostacolo, e sorridendo, muovendosi quasi al rallentatore, si mise cavalcioni su di lei.
Non... non poteva crederci. C'era gente. E le cose erano cambiate. Era impazzito?
Sempre sorridendo, si avvicintò all'orecchio della ragazza, ed il suo respiro le diede i brividi. Scivolò lento come un giaguaro lungo il suo viso, per poi sfiorarle le labbra secche.
Non era stato un vero e proprio bacio: più un contatto, la frazione di secondo bloccata da una fotografia. Socchiuse le labbra, e di nuovo si chinò su di lei, senza mai darle la reale impressione di baciarla, quasi invece lasciandola nel limbo tra il desiderio e la coscienza.
Attorno a lei, lo sentiva, era calato il silenzio della possessione. Nessuno si curava più di loro, nessuno aveva più voglia di integrarli nella conversazione. Non erano stati allontanati per imbarazzo, o riservatezza, si erano eclissati in una dimensione che gli altri non avevano interesse a vedere. Totale indifferenza, normalità.
E Marlene, che si era fatta così tanti problemi a tenere le cose nascoste per bene, quando... Immagini furtive le attraversarono gli occhi. Non sarebbe mai riuscita dimenticarlo: l'attrazione, l'eccitazione, l'elettricità, e ancora il senso di colpa, l'errore, la sensazione di qualcosa di sbagliato che stava accadendo. Eppure, allora, era successo. Se ne era pentita così amaramente... avrebbe voluto rimuoverlo da ogni cellula di sè, ma restava lì, indelebile, come una macchia, come il sangue, come la passione. Ed ora...
Nell'attimo in cui per l'ennesima volta le labbra di Antonio si allontanarono piano da quelle di Marlene, lei riuscì a pensare. La consapevolezza di trovarsi in un luogo al di là della ragione le arrivò pungente sul viso, accompagnata da un nome: Mario. Le cose erano cambiate, da quando Antonio aveva violato i suoi principi e le aveva fatto dimenticare chi fosse con le sue mani, il suo calore. Ora c'era Mario. E non era un'invenzione, non era un'ideale: viveva, respirava, la amava, ed aveva baciato quelle labbra -baciato, non mangiato- solo poche ore prima.
Antonio, come se avesse capito che il suo ruolo era compiuto, si volatilizzò. Riprese il suo posto sul divano, e vennero nuovamente intesi, e nuovamente capirono ciò che li circondava. Marlene respirava a fatica, tentando di controllare i battiti del cuore e di dare un senso alla scena.
Alla sua destra però, Anna la fissava, giudicandola in silenzio.
Non servivano parole per capire il suo sguardo: rabbia, risentimento, rancore, disgusto. Quando lasciarono l'attico di Antonio, quella notte, Anna fece in modo di trovarsi sola in ascensore con Marlene.
"Complimenti"
"Scusa?..."
"Come se non sapessi di che sto parlando. E' lui, quello di cui mi parlavi. L'errore, lo sbaglio madornale dell'anno scorso. Complimenti"
"Ma..."
"Mi fai schifo. Tra tanti. Non solo uno che conosco, perchè non è questo il punto... ma lui. Lui no, cazzo! Lo sanno tutti, com'è fatto... come si può cadere così in basso?... Come si può starci, sapendo che... cazzo, davvero, mi fai schifo"
Marlene rimase inebetita, e dolorante.
E svegliandosi da quel sogno che sembrava vero si rese conto che la realtà era l'unica illusione.

Spooky

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